Giuseppe Restano e le 100 tele per 100 loghi in voga nell’Italia dei suoi 10 anni.
Mi son sempre immaginata lo studio dei pittori come una stanzetta piccola, buia, silenziosa, piena di colori usati e fogli sparsi un po’ ovunque attorno all’unica luce tenue e calda proiettata verso una tela poggiata sul cavalletto. E lì davanti un pittore schivo e taciturno a dipingere. Quest’immagine, nata forse da troppi film visti e libri letti, è stata ben volentieri distrutta qualche giorno fa da Giuseppe Restano, pittore pugliese residente da anni a Firenze con il quale ho avuto una piacevole chiacchierata.
Gentilissimo, mi accoglie nella sua luminosa casa/studio e iniziamo a conversare. La sua passione per l’arte e la pittura si manifesta già prima dell’adolescenza: mi racconta con gioia e soddisfazione che andare in cartoleria e comprare il blocco da disegno a fogli lisci Fabriano era per lui come acquistare una bellissima macchinina-giocattolo. “Blocco a fogli lisci, non ruvidi”, mi puntualizza sorridente: ciò che infatti caratterizza le tele di Giuseppe Restano è la quasi millesimale accuratezza, con la quale si sposa l’uso di una carta liscia. Quindi mi mostra i pennelli con i quali dipinge: in controluce sembrano quasi non esistere tanto sono fini. Strumenti ottimi nella ricerca della precisione e che per essere utilizzati necessitano di una mano fermissima, carattere che noto chiaramente apprezzabile dalle numerose tele appese qua e là nella parete del suo studio: ci sono lavori “storici” come i fenicotteri rosa di “Natura” e altri più recenti, come quelli del suo ultimo progetto “Loghi”. Proprio di questo, istallato all’ultima edizione del Vintage Selection a Firenze lo scorso gennaio, mi faccio raccontare la storia.
Il progetto “Loghi” nasce per caso, come un gioco sulla memoria: “Cosa vedevo io quando avevo 10 anni?”. Questa è stata la domanda che ha dato vita a 100 tele sui loghi in voga nell’Italia degli anni ’70, nella Puglia degli anni ’70. “Di quell’età sono i primi ricordi più nitidi e intensi.”, racconta, “Un primo ricordo vivido nella mia mente è un oggetto che da bambino tanto bramavo: mio padre aveva sul cruscotto della sua auto una coccinella calamitata: il simbolo della Total.”. Da questa prima idea, quella di dipingere quel piccolo simbolo della sua infanzia, è nato tutto. I successivi poi sono stai quelli dei TG nazionali, il logo dell’azienda di gelati Algida e via, ogni giorno sempre un ricordo nuovo, un logo nuovo. Mi spiega che il lavoro non è stato così facile come potrebbe apparire; seppur inizialmente egli stesso ne fosse un po’ perplesso, pian piano che le tele crescevano di numero, il progetto prendeva una sua forma ben definita ed equilibrata. Lampante è, oltretutto, l’omaggio ai disegnatori (conosciuti e meno) di tutti questi simboli, prima meramente commerciali e oggi immagini storiche portate nella mente, forse inconsciamente, da più generazioni. Arrivato a 100 tele il progetto viene dichiarato concluso: la sua usuale firma è un contorno sfumato delle figure, che così facendo vengono esaltate e rese quasi uscenti dalla tela stessa.
Artista legato al suo nido d’infanzia e adolescenza, nei sui lavori il richiamo alla terra d’origine è sempre implicitamente o esplicitamente descritto. Mi precisa che l’intento non è quello di guardare al passato come un nostalgico o malinconico, ma di essere semplicemente un testimone del periodo, delle esperienze che ha vissuto e di quelle che adesso vive.
Terminiamo la nostra chiacchierata parlando del futuro a venire, del vivere e pensare in modo frenetico della mia generazione, dell’essere ovunque e costantemente bombardati di immagini e di come, purtroppo, molto spesso venga poco e superficialmente valorizzata l’arte contemporanea.
A cura di Giada Divulsi