Google è accusata di aver raccolto i dati di milioni di utenti nell’ultimo anno, ignorando le loro preferenze sui servizi di localizzazione dello smartphone.
A pochi giorni dall’arrivo in Italia di Google Assistant, la compagnia di Mountain View è ancora una volta al centro del dibattito pubblico. Questa volta per una questione decisamente più delicata: come rilevato da Quartz, infatti, a partire dal 2017 l’azienda avrebbe “spiato” i propri utenti attraverso i servizi di localizzazione presenti sugli smartphone Android, senza averne ottenuto il consenso preventivo.
Tutti sanno – o dovrebbero sapere – che, quando si utilizzano i servizi di geolocalizzazione o altre features, come ad esempio Google Assistant o Google Now, l’azienda riceve una serie di dati su di noi. Secondo l’articolo, tuttavia, tale raccolta sarebbe avvenuta anche quando i servizi di gps e localizzazione erano disattivati e, addirittura, quando la sim era disinserita e lo smartphone risultava connesso alla sola rete wifi.
Come? Semplicemente attraverso la raccolta degli indirizzi dei ripetitori cellulari nelle vicinanze: in questo modo, prosegue il sito, per l’azienda sarebbe stato possibile individuare con una certa precisione la posizione dello smartphone e inviarla ai propri server. Con buona pace per la privacy degli utenti.
Si tratta di accuse pesanti e, come ovvio, la risposa di Google non si è fatta attendere. La casa di Mountain View ha infatti confermato la raccolta dei dati, sostenendo però che questi ultimi non siano mai stati utilizzati per scopi commerciali. Come riportato anche da Wired, infatti, «tenere traccia in questo modo delle posizioni degli utenti è servito ad Android semplicemente per sapere sempre quale fosse la via più veloce per la consegna delle notifiche push sul telefono; si sarebbe trattato di dati crittografati, compartimentati ed eliminati immediatamente dopo essere serviti a quel dato scopo. Se così fosse, non ci sarebbe stato modo per Google di sfruttarli a scopi pubblicitari, né per eventuali malintenzionati di ottenerli per sé».
La vicenda è ora finita nelle mani delle autorità competenti. La Commissione per le Comunicazioni Coreana (KCC) ha avviato un’indagine conoscitiva e anche l’Information Commissioner’s Office britannico sta cercando di ottenere maggiori informazioni in merito alla presunta raccolta di dati.
Attualmente Google ha interrotto la pratica sotto accusa. A noi utenti non resta altro che aspettare con pazienza l’epilogo della vicenda, che ci dirà se effettivamente il colosso di Mountain View sia innocente o colpevole. Al momento, lo scenario non è molto rassicurante: se, infatti, la localizzazione è uno dei tanti servizi offerti da Google sugli smartphone Android che può avere un impatto positivo per il cittadino, migliorandone significativamente l’esperienza d’uso quotidiana, da quanto emerso finora sembrerebbe che la raccolta dei dati sia avvenuta in assenza del consenso informato di quei milioni di utenti Android che, semplicemente, credevano che bastasse disattivare il gps e la localizzazione per poter dormire sonni tranquilli.
A cura di Daniele Mu