Influencer, visibilità e social network: facciamo chiarezza

Fare l’influencer è un vero lavoro? È giusto essere pagati in visibilità? Cerchiamo di rispondere a tali domande e di spiegare cosa sia l’influencer marketing alla luce degli scontri tra Paul Stenson e Elle Darby.

Influencer, visibilità e social network: facciamo chiarezza

Come spesso accade nell’epoca dei social network, il mondo intero si è diviso su una notizia. Paul Stenson, proprietario di un albergo a Dublino, ha pubblicato su Facebook lo screenshot di un messaggio privato ricevuto dalla influencer inglese Elle Darby. Nel messaggio, la ragazza chiedeva a Stenson di poter soggiornare gratis nella struttura in cambio della visibilità che, grazie ai propri canali YouTube e Instagram, avrebbe portato all’albergo.

La risposta del proprietario è stata particolarmente piccata. Stenson ha declinato l’offerta perché, ha scritto:

se ti lascio alloggiare qui in cambio di una apparizione nei tuoi video, chi pagherà il personale che si occuperà di te?

Ora la vicenda si arricchisce di un nuovo particolare. Sembra infatti che Stenson abbia inviato alla influencer una fattura falsa, per la modica cifra di 5.289.000€. Il motivo? Secondo l’albergatore, Darby avrebbe beneficiato di una enorme visibilità grazie al loro scambio di battute. Da qui la provocazione che ha gettato ulteriore benzina su una vicenda già abbastanza infuocata.

La questione tocca vari temi, dalla questione morale (è giusto chiedere qualcosa in cambio di visibilità?) alla tutela della privacy (perché rendere pubblico un messaggio privato?), dalle nuove professioni del web (davvero fare l’influencer è un lavoro?) alla viralità dei contenuti. Cerchiamo di fare chiarezza.

Fare l’influencer è un lavoro?

In Italia ci sono ancora molte resistenze in merito. D’altronde l’influencer è una persona che passa le giornate a fare selfie da postare su Instagram, no? Non esattamente.

L’influencer marketing è una delle nuove frontiere del marketing, resa possibile dall’avvento dei social network. Come in tutte le cose, fare l’influencer richiede notevoli capacità. Non zapperà la terra né lavorerà in fabbrica, ma un influencer deve curare nel minimo dettaglio la composizione delle foto e il piano editoriale dei propri contenuti.

Non solo: deve anche avere una mentalità imprenditoriale perché, altrimenti, non riuscirà a raggiungere risultati rilevanti (parliamo di decine di migliaia di follower sparsi in tutto il mondo). Insomma: fare l’influencer richiede competenze specifiche e una notevole abilità nel personal branding.

È giusto essere pagati in visibilità?

Ammetto che Elle Darby abbia avuto una notevole faccia tosta a contattare Paul Stenson. Un minimo di buona educazione vuole che, al limite, sia l’azienda a contattare l’influencer e non viceversa. Ciò non toglie che la domanda, posta in questi termini, sia fuorviante e nasconda una scarsa comprensione dei meccanismi dell’influencer marketing.

Semplificando il concetto, si potrebbe dire che Darby abbia proposto a Stenson un investimento. Investi su di me, gli ha proposto, e ti assicuro che verrai ripagato in futuro. Ospitami nella tua struttura. Io non ti pago ma, grazie alla mia influenza, ti garantisco un incremento nelle prenotazioni nei prossimi mesi. Questo perché l’influencer, come lascia intendere il nome, ha una notevole capacità di influenza sul proprio pubblico, specie sui più giovani. È molto probabile che una parte dei follower di Darby, vedendo la struttura nei video e nelle foto, avrebbe deciso di seguire il profilo social dell’albergo o di farci una vacanza il prima possibile.

Sotto quest’ottica la questione cambia radicalmente. Non c’è nulla di diverso, ad esempio, rispetto a un vip che promuove un prodotto in tv o sui giornali. Anche in quel caso, infatti, il vip usa la sua notorietà per fare pubblicità all’azienda. Che, però, sborsa diverse migliaia di euro per uno spot o una foto promozionale.

La botte piena e la moglie ubriaca!

Paul Stenson non è uno sprovveduto. Già in passato ha dimostrato di conoscere le dinamiche del web e di puntare alla viralità dei contenuti per ottenere visibilità. Ecco, quindi, che non perde l’occasione di rendere pubblico un messaggio privato, con tanto di “blastata” da paladino della giustizia.

In questo modo, Stenson si è fatto una pubblicità enorme a costo zero! Non ha dovuto pagare camerieri, cuochi e addetti alla reception e, contemporaneamente, ha ottenuto una visibilità anche maggiore di quella offertagli dalla influencer, proprio perché sapeva che il suo post sarebbe diventato virale in pochissimo tempo.

Il problema è che, comportandosi così, Stenson ha dimostrato di predicare bene ma di razzolare male. Se, da un lato, ha cercato (più o meno giustamente) di difendere la dignità dei propri lavoratori, dall’altro non si è fatto problemi a condividere con centinaia di migliaia di persone un contenuto che, per sua stessa natura, doveva rimanere privato. Con buona pace della privacy.

Certamente anche Elle Darby ha ottenuto una enorme esposizione mediatica e ha guadagnato visibilità – io stesso non sapevo chi fosse prima dello scoppio dello scandalo. Ma, a giudicare dai toni dei media e di una parte dell’opinione pubblica, difficilmente ciò è andato a vantaggio della influencer.

In conclusione, la vicenda evidenzia due cose. Da un lato, una certa ostilità nei confronti di una figura, quella dell’influencer, per sua natura effimera e incline ad attirare risentimento e facile ironia. Ma anche, a mio avviso, risorsa preziosa da inserire nella propria strategia di comunicazione se si vuole accrescere la propria visibilità in poco tempo. Dall’altro, il fatto che in fondo a tutti piace ottenere quei famosi 15 minuti di celebrità. Se possibile gratis.

A cura di Daniele Mu

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